cossiga
ROMA, 27 nov - ''Mi dimetto contro il capo dello Stato''. Cosi' il primo giugno 2002, in un'affollatissima conferenza stampa, Francesco Cossiga bersagliato dai flash dei fotografi spiego' la sua decisione di dimettersi da senatore a vita in polemica con Carlo Azeglio Ciampi, reo ai suoi occhi di non averlo difeso a dovere dalla Procura di Potenza che indagava sulle tangenti Inail. Una vicenda che aveva investito alcuni parlamentari di diversi partiti, tra cui il suo amico Angelo Sanza, con una serie di intercettazioni telefoniche. In quell'inchiesta anche Cossiga pare sia stato intercettato indirettamente tre volte come denunciarono due parlamentari Niccolo' Ghedini di Forza Italia e Giovanni Kessler dei Ds della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Ma da Potenza, il 5 giugno, il sostituto procuratore Henry John Woodcock, dopo che Cossiga aveva sollevato il caso con le sue dimissioni', affermo' che non era stata ''utilizzata nessuna intercettazione nella quale un qualsivoglia parlamentare risulti come interlocutore''. In quei giorni, comunque, voci e indiscrezioni sull' inchiesta di Potenza occupavano le prime pagine dei giornali e Cossiga, nella conferenza stampa, sostenne che ''Ciampi avrebbe dovuto dire che riconosce le prerogative dei parlamentari, che hanno diritto a non essere intercettati e a non essere sbattuti in prima pagina sulla base di veline dei Ros e dei magistrati, e avrebbe dovuto anche riconoscere il diritto di critica che ha ogni cittadino e ancora di piu' ogni parlamentare''. Per convincerlo a tornare indietro c'era un'unica possibilita': ''Ciampi - rispose ai cronisti - mi dovrebbe chiedere scusa, venire a casa mia e riconoscere che ho ragione''. L'ex capo dello Stato era cosi' determinato nella sua decisione che annuncio' di voler disertare la cerimonia al Quirinale in occasione della Festa della Repubblica. ''Ho detto e confermo - disse - che non mettero' mai piu' piede al Quirinale e mai piu' avro' rapporti con il presidente della Repubblica finche' Ciampi, che a me tutto deve, rimarra'''. ''Il giorno che lascera' la presidenza riprendero' i miei rapporti con il Quirinale'', assicuro' Cossiga che nell'occasione se la prese anche con la signora Franca che aveva accennato al suo stato emotivo. ''Io non ho difficolta' a dire - ironizzo' il senatore a vita dimissionario - che come altri grandi del passato, Churchill, Dostojewski, Nioetzche e altri, ho sofferto due o tre crisi depressive non bipolari. Ma non le ho mai fronteggiate come Churchill che si ingozzava con champagne e cognac. Casomai preferisco il whisky...''. Anche in quell'occasione, Cossiga chiari' che si dimetteva ma senza lasciare la politica, e sostenne che era possibile dimettersi da senatore a vita. ''I lavori dell' Assemblea Costituente - spiego'- sono chiarissimi a questo riguardo: non c'e' dubbio che un senatore a vita puo' dimettersi e che le sue dimissioni possono essere accettate. C'e' un principio generale secondo cui nessuno puo' essere obbligato a ricoprire una carica''. Ma l'assemblea del Senato, che dibatte' a lungo sulla possibilita' di dimettersi da una carica che viene assegnata di diritto dopo il settennato al Quirinale, risolse il problema respingendo il 19 giugno le dimissioni con 165 voti contrari, 57 a favore e cinque astenuti. Dal Quirinale filtro' l'apprezzamento per la decisione dei senatori e il giorno dopo il presidente del Senato Marcello Pera si incontro' con il senatore a vita e lo convinse a non reiterare le sue dimissioni.